EB TALK CON DAVID BLOW
IL TAPING NEUROMUSCOLARE: STATO DELL’ARTE E NUOVE PROSPETTIVE
Roma. 20 Giugno 2017
Intervistatori
- Virginia Colibazzi, FT Equipe Terapeutica, Roma
- Adriano Coladonato, FT ANIK Associazione nazionale idrokinesiterapisti, Roma
- Emilio Romanini, MD, Artrogruppo Roma.
ABSTRACT
Il termine in inglese tape/taping indica genericamente un cerotto, anelastico o elastico, che viene applicato a scopi terapeutici direttamente sulla cute. I potenziali benefici vanno dall’inibizione del dolore, all’aumento di circolazione sanguigna e drenaggio linfatico, alla riduzione della fatica muscolare, al miglioramento della postura e delle performance sportive; tuttavia l’efficacia clinica non puó ancora essere affermata in modo univoco ed estensivo dalla letteratura scientifica e la popolarità acquisita negli ultimi anni ha alimentato una confusione terminologica e usi a volte impropri di questo strumento. In questo ultimo numero della rubrica abbiamo chiesto al dott. David Blow, fondatore del concetto di Neuromuscolar Taping, un approfondimento sull’argomento.
Key words: Taping, tape, neuromuscular tape, David Blow
The english word tape / taping generally indicates a patch, anelastic or elastic, which is applied for therapeutic purposes directly on the skin. Potential benefits range goes from inhibition of pain, increased blood circulation and lymph drainage to reduced muscle fatigue, improved muscular feedback, improved posture and sports performance. However clinical efficacy cannot yet be uniquely and extensively established by scientific literature and furthermore the popularity gained in recent years has created terminological confusion and sometimes improper use of this tool. In this last issue of this section, we asked Dr. David Blow, founder of the Neuromuscolar Taping concept, to provide us with an insight into the subject.
Key words: Taping, tape, neuromuscular tape, David Blow
Prima che questi famosi nastri colorati di elasticità variabile imperversassero in ambito sportivo e riabilitativo acquisendo grande popolarità; l’applicazione del tape indicava forme di bendaggio anelastico a scopo contenitivo/ protettivo di un’articolazione, in genere dopo un trauma. Il termine in inglese tape/taping designa genericamente un cerotto che viene applicato a scopi terapeutici direttamente sulla cute.
Alle olimpiadi di Seul nel 1988, una tipologia di bendaggio adesivo, questa volta elastico, ha fatto la sua prima apparizione internazionale con le atlete della pallavolo nipponica, da quel momento l’interesse degli operatori della salute è aumentato cosi come si sono moltiplicati gli ambiti e le metodologie di applicazione.
I potenziali benefici elencati dai fautori di questa tecnica vanno dall’inibizione del dolore, all’aumento di circolazione sanguigna e drenaggio linfatico, alla riduzione della fatica muscolare, al miglioramento della postura e delle performance sportive.
La domanda sull’efficacia clinica del taping è stata sottoposta al vaglio dalle due principali scuole di insegnamento del taping: il Kinesiotape del dott. Kenzo Kase e il Neuromuscular tape del dott. David Blow. Nel primo caso, recenti revisioni sistematiche hanno affermato evidenze preliminari di qualità scarsa tali da non poterne raccomandare ancora un uso estensivo nel trattamento o prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici[1] [2]. Per il neuromuscular tape sono invece disponibili RCT condotti in differenti ambiti riabilitativi con campioni di popolazione pero limitati che inficiano la generalizzabilità esterna dei risultati. Parallelamente allo sforzo per ottenere prove di efficacia, si è registrato un’incremento esponenziale di popolarità del taping grazie alla visibilità dello stesso in eventi pubblici e alcune campagne pubblicitarie con conseguente commercializzazione dello stesso e confusione sulla terminologia e modalità di applicazione. Abbiamo intervistato il dott. David Blow a cui abbiamo chiesto di spiegazioni a riguardo.
David Blow è fondatore e presidente del Istituto di Taping Neuromuscolare con sede a Roma dal 2003 , New york dal 2012 e Jakarta dal 2015. È istruttore del metodo in Europa, Asia e America; vanta oltre trenta anni di esperienza clinica sul campo ed ha pubblicato diversi casi studio ed articoli. Ad oggi è coinvolto in progetti di ricerca in ambito pediatrico, neurologico, ortopedico, reumatologico, oncologico e post chirurgico. Ha sviluppato diversi programmi di formazione continua e corsi di specializzazione e ha varie partnership con università e ospedali in Italia e all’estero.
Tra gli articoli pubblicati in Italia:
- Costantino C et al; Neuromuscular taping versus sham therapy on muscular strength and motor performance in multiple sclerosis patients. Disabil Rehabil.2016;38(3):277-81.
- Pillastrini Pet al; Effectiveness of NeuroMuscular Taping on painful hemiplegic shoulder: a randomised clinical trial. Disabil Rehabil. 2016 Aug;38(16):1603-9.
- Camerota F. et al; The effects of NeuroMuscular Taping on gait walking strategy in a patient with joint hypermobility syndrome/Ehlers-Danlos syndrome hypermobility type.Ther Adv Musculoskelet Dis. 2015 Feb;7(1):3-10..
Ben trovato dott. Blow, innanzitutto grazie per la disponibilità, la mia prima domanda è sulla terminologia: potrebbe definire il concetto del suo Neuromuscular Taping e spiegarci la differenze rispetto alle altre forme di taping citati in letteratura e disponibili in commercio?
Il taping neuromuscular concept consiste nella applicazione di un taping a scopi terapeutici in modalità eccentrica, ovvero sulla cute posta in allungamento e una messa in tensione del cerotto nulla (tensione zero, cit). Nel momento in cui il paziente riposiziona il distretto allungato in posizione neutra, il tape crea delle pliche cutanee che provocano una dilatazione dei vasi sanguigni e linfatici e decompressione delle fasce muscolari, delle strutture muscolo tendinee e articolare con conseguente aumento della vascolarizzazione locale. Il concetto di base che vi sto enunciando non è mia invenzione, bensì segue un presupposto della terapia manuale che attraverso il movimento favorisce la vascolarizzazione e quindi il recupero tissutale.
Al contrario il kinesiotaping prevede una applicazione del taping con una pre- tensione dello stesso in percentuale variabile a scopo stabilizzante e contenitivo (l’ambito in cui è stata diffusa per prima la sua applicazione è quello sportivo). La conseguenza sui tessuti molli è un ritorno concentrico con una compressione vascolare e una ischemia locale.
Le altre tecniche di taping inventate negli ultimi anni rappresentano varianti di quest’ultimo tape “tirato”.
Ci racconta il percorso personale e professionale che l’ha portata ad elaborare il concetto di Neuromuscular Taping?
Nel mio background voglio citare la medicina cinese, fitoterapia e agopuntura in primis, che mi hanno fornito una conoscenza anatomica del corpo e dei suoi processi di guarigione e quindi mi hanno portato ad interrogarmi sull’utilità di un tape “tirato”, ovvero messo in modalità concentrica. Personalmente lo ritengo controproducente e dal 2003 applico tape solo in modalità eccentrica.
Per aumentarne la diffusione ho fondato l’Istituto di Taping Neuromuscolare (NMT) che si prefigge obiettivi di informazione e formazione degli operatori oltre a progetti di ricerca e volontariato nella speranza di standardizzare la preparazione degli operatori e sostanziare le evidenze scientifiche in merito. L’istituto non è una fondazione e quindi non ha sponsorizzazioni esterne ma sfrutta i proventi derivanti dai corsi di formazione per fini di ricerca. Pensate che ancora oggi c’è molta confusione sulla terminologia , in alcuni casi anche un uso improprio della stessa; vi faccio un esempio: su Pubmed sotto la parola chiave taping ci sono oltre 1400 pubblicazioni, 100 per kinesiotaping e solo 8 per neuromuscular taping; quest’ultime sono quelle che ho seguito personalmente .
Una domanda sull’istituto da lei fondato, che rappresenta un esempio di struttura privata dedita ai fini di ricerca: ci descrive come ha strutturato la formazione e l’organizzazione interna?
L’istituto prevede corsi di base e di approfondimento successivi accreditati secondo procedura di qualità ISO 9001 nel rispetto della legislatura vigente per le professioni mediche e sanitarie ( fisioterapisti, logopedisti, terapisti occupazionali e infermieri). Negli ultimi anni ho formato più di 12000 allievi tanto da creare un know how italiano sul NMT. Gli allievi iscritti ricevono una preparazione teorica e pratica e imparano il nostro modalità di trattamento che si articola in una fase di valutazione, trattamento e rivalutazione da applicarsi seguendo la patologia o fase patologica del paziente. Questo approccio alla scelta terapeutica da un lato permette di obiettivare l’efficacia del trattamento, escludendo le variabili confondenti e eventuale effetto placebo, dall’altro ha consentito di sfruttare l’esperienza clinica per ipotizzare nuove applicazioni del taping.
Ci può fare un esempio di quanto sta dicendo?
Seguendo indicazione comunicato durante i corsi, alcuni colleghi hanno ottenuto una efficace rapide e prolungato sulla sindrome “dolori dal arto fantasma del amputato” con NMT in decompressione dove fin adesso non esiste nessun articolo scritto ma creando evidenze cliniche, o alcuni infermieri hanno proposto il taping in dilatazione come coadiuvante nel trattamento delle ulcere da pressione, oppure è stato inserito nel trattamento logopedico dei disturbi della voce (edema corde vacale) o di deglutizione in pazienti con esisti di stroke o ancora nella gestione del linfedema post mastectomia e nella ricostruzione del seno. Ovviamente il NMT va considerato uno strumento, in associazione con altre tecniche o modalità riabilitative: è unione di più mezzi terapeutici a concorrere all’obiettivo finale ovvero la guarigione o il miglioramento dello stato di salute del paziente migliorando la qualità della vita; obiettivo a mio parere da condividere a prescindere dalla scuola di formazione. Come vantaggi intrinseci ci sono il mantenimento dell’effetto terapeutico per tempi superiori a quelli della durata della seduta con conseguente stimolo prolungato sui tessuti e i costi contenuti. Allora, per ritornare alla vostra domanda, se i dati empirici ci dicono che funziona e può essere vantaggioso nel processo di cura dei pazienti, la pianificazione di studi ad hoc per dimostrarlo è un passo successivo obbligato e non differibile.
Quali dati scientifici invece sono disponibili ad oggi? Ci racconta qualcosa degli studi pubblicati?
Con il gruppo del dottor Filippo Camerota e della dottoressa Claudia Celletti dell’università “La Sapienza”, già nel 2014, abbiamo condotto vari studi. Un case report [3] in una bambina con emiplegia sinistra con i primi incoraggianti risultati che mostrano una variazione dei parametri cinetici e cinematici dell’arto superiore spastico e della funzione dello stesso dopo applicazione di tape.
Un secondo studio progettato dal professor Giorgio Albertini[4] insieme al Politecnico di Milano e Manuela Galli su un gruppo di cinque ragazzi con sindrome di Down prevedeva l’applicazione del tape in modalità eccentrica sugli estensori del collo e sui muscoli della mano e l’esecuzione di un test di disegno videoregistrato con il software Motion Capture pre e post trattamento. Nelle conclusioni gli autori sostenevano che il tape potesse modificare gli input propriocettivi e quindi il pathway neurale fino alla corteccia motoria e di conseguenza migliorare la disgrafia e la coordinazione manuale nei pazienti esaminati.
Come istituto abbiamo anche progetti di formazione e volontariato in paesi in guerra o in via di sviluppo; negli ultimi dieci anni sono stato in Bosnia Erzegovina o ancora in Congo e Etiopia. Proprio in Etiopia abbiamo avviato diversi progetti di ricerca, in particolare sulla riduzione del dolore dell’arto fantasma nel paziente amputato di arto superiore[5]; vorrei ulteriormente approfondirlo in Italia perché potrebbe avere dei risvolti rivoluzionari sul trattamento del paziente che ad oggi prevede invece la compressione del moncone tramite bendaggi e il modellamento finalizzato alla successiva protesizzazione.
Le potenziali applicazioni del taping si estendono anche in ambito reumatologico dove il professor Parisi di Torino [6] lo ha applicato su 58 pazienti con sclerodermia. Il protocollo prevedeva 8 trattamenti mensili a distanza di 3-4 giorni; sono state effettuate test di forza, misurazioni goniometriche del range di motilità articolare e videoriprese per valutare la motilità della mano. I risultati evidenziano una maggiore mobilità e forza palmare, minori episodi del fenomeno di Raynaud e ricorso ad antidolorifici ma anche variazione della capillaroscopia post trattamento ed a un follow di 3 mesi. Anche questo è un esempio nuovo di utilizzo.
Quest’ultimo studio citato è soprattutto un esempio di standardizzazione di trattamento con il taping; può essere considerato un obiettivo futuro la creazione di linee guida del taping patologia specifiche?
Ad oggi i nostri studenti apprendono già i nostri protocolli di trattamento per le varie patologie con i relativi timing di cura, la standardizzazione dei protocolli è un requisito essenziale nella metodologia della ricerca ed è già avvenuto, il processo di validazione di questi richiede tempo ma è sicuramente un obiettivo da perseguire.
E quali altri obiettivi state seguendo a livello di istituto?
Mi auguro che il Neuromuscular Tape diventi uno strumento diffuso e utilizzato da tutti i riabilitatori, che venga proposto anche in sedi istituzionali e rientri nel tariffario per le prestazioni riabilitative soggette a ticket (ad oggi è presente solo in alcune regioni-Piemonte, Liguria). Parallelamente vorrei maggiore uniformità nella formazione degli operatori, obiettivo che potrebbe essere realizzabile inserendo un modulo tematico nel core curriculum degli studenti all’università e quindi garantendo un fruizione non più privata e a pagamento di queste conoscenze.
Infine vorrei implementare l’albo professionale di operatori formati che è già presente sul sito[7] affinché divenga una risorsa per i colleghi, i pazienti e i medici.
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Nel percorso di formazione professionale del dott. Blow riconosciamo l’iter che contraddistingue la ricerca scientifica: l’osservazione empirica di un determinato fenomeno conduce ad una successiva formulazione di un’ ipotesi di funzionamento e al lavoro di traduzione del dato in prova scientifica. Il passaggio da uno step all’altro non è scontato anzi presenta delle criticità di cui molto spesso abbiamo parlato; in particolare oggi vogliamo sottolineare la quasi esclusiva appartenenza della ricerca ad ambiente universitario e/o fondazioni senza scopo di lucro con difficoltà per il singolo operatore di partecipare al processo di conoscenza scientifica se non come lettore finale di articoli. Con la creazione del suo istituto per il taping neuromuscolare il dott. Blow ha bypassato questa condizione e rappresenta quindi un esempio eccellente di un privato che fa anche ricerca; o meglio che utilizza i proventi ricavati dai propri corsi di formazione privati per finanziare i propri progetti di ricerca e/o volontariato.
Abbiamo apprezzato l’accento posto sulla necessità di uniformare la preparazione dei professionisti (tematica emersa già nelle precedenti interviste con il dott. Lambeck e il dott. Padua) e l’apertura alla collaborazione con profili professionali differenti di questo professionista che non si definisce un ricercatore, bensi un clinico che si avvale della ricerca per cercare spiegazioni e dare sostanza al suo agire.
Ci sono differenze tra i vari tipi di tecniche di taping?
A volte, c’è una concezione errata che il Kinesiology taping, il Kinesio taping e il NeuroMuscular taping siano sinonimi, riflettendo una comprensione limitata dei metodi e delle tecniche sottostanti. Tuttavia, cosa distingue queste diverse approcci al taping?
La tecnica di NeuroMuscular Taping introduce un concetto distintivo incentrato sulla metodologia di decompressione e dilatazione, distinguendola da altre forme di kinesiology taping e bendaggio. Originaria dall’Italia nel 2003 e creata da David Blow, questa nuova approccio al taping, conosciuto come NMT, migliora il processo di ragionamento clinico. La sua base risiede nelle specifiche applicazioni di taping per la decompressione, che costituiscono il nucleo di questo innovativo metodo di riabilitazione. L’applicazione precisa di questa tecnica si dimostra efficace nel alleviare il dolore, affrontare lesioni legate allo sport, ridurre la tensione muscolare e contemporaneamente migliorare le prestazioni sportive, la riabilitazione e i risultati nella fisioterapia, nell’ergoterapia e nella logopedia.
[1] . Morris D, Jones D, Ryan H et al. The clinical effects of Kinesio(R) Tex taping: a systematic review. Physiother Theory Pract 2013; 29(4):259–270
[2] . Williams S, Whatman C, Hume PA et al. Kinesio taping in treatment and prevention of sports injuries: a meta-analysis of the evidence for its effectiveness. Sports Med 2012; 42(2):153–164. 5. Kase K, Wallis J, Kase T. Clinical T
[3] Camerota F. et al, Neuromuscular taping for the upper limb in Cerebral Palsy: A case study in a patient with hemiplegia. Dev Neurorehabil. 2014 Dec;17(6):384-7.
[4] Rigoldi C. et al;Does neuromuscular taping influence hand kinesiology? A pilot study on Down’s Syndrome. Clin Ter. 2015;166(4):e257-63.
[5]Rahul Krishnan Kutty et al. EFFICACY OF NEUROMUSCULAR TAPING ALONG WITH CONVENTIONAL PHYSICAL THERAPY IN POST AMPUTATION PHANTOM PAIN MANAGEMENT: AN EXPERIMENTAL STUDY, Int J Physiother Res 2017, Vol 5(3):2002-09.
[6] Parisi S et al; “NUOVE PROPOSTE DI APPLICAZIONE DEL TAPING NEUROMUSCOLARE NELLA SCLEROSI SISTEMICA: STUDIO DI UNA CORTE DI PAZIENTI” STRUTTURA COMPLESSA DI REUMATOLoGIA,AZIENDA OSPEDALIERA città’ DELLA SALUTE E DELLA SCIENZA DI TORINO, ATTO CONGRESSO SIR 2013
[7] https://tapingneuromuscolare.eu/